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I due benefici più utilizzati in ambito penale

– Cosa sono e a quali condizioni operano i due benefici previsti dal codice penale per i soggetti condannati a pene detentive o pecuniarie per determinati reati non gravi –

La sospensione condizionale ed il beneficio della non menzione della condanna nel casellario giudiziale sono istituti giuridici – cosiddetti premiali – di diffusa applicazione e di notevole rilievo per coloro che per la prima volta si trovano ad essere imputati di determinati reati non gravi, in quanto consentono di limitare gli effetti negativi delle sentenze di condanna e del processo penale, attraverso un meccanismo che comporta la sospensione provvisoria della pena o di alcuni suoi effetti negativi, al ricorrere di determinate circostanze.

Lo scopo di tali meccanismi è duplice: da un lato attenuare l’afflittività della sanzione penale per soggetti che hanno commesso un reato non grave e che non sono delinquenti “abituali” e che potrebbero, pertanto, essersi ravveduti per l’illecito commesso; dall’altro, in funzione preventiva, evitare che il soggetto stesso commetta futuri reati, nel qual caso i predetti benefici verranno meno.

Volgendo, in primo luogo, lo sguardo, all’istituto della Sospensione condizionale della pena (Art. 163 e ss. cod.pen.), giova osservare che la stessa è disciplinata tra le cosiddette “cause di estinzione del reato”, cioè tra quegli elementi ricorrendo i quali il reato, pur accertato, viene appunto estinto, venendo meno la sua punibilità. Tale esito, in realtà, si ha solo alla fine di un percorso di “prova” cui è sottoposto l’imputato e solo in caso di superamento dello stesso.

Sono diverse, infatti, le condizioni oggettive per l’applicazione del beneficio. In particolare è necessario che:

– il reo sia stato ritenuto colpevole di un reato non grave, e cioè che sia stato condannato ad una pena detentiva non superiore a due anni, ovvero a pena pecuniaria che, sola o congiunta alla pena detentiva sia equivalente ad una pena detentiva non superiore nel complesso a due anni. Tale condizione, peraltro, diventa ancor più favorevole se il reato è stato commesso da un minore (anche pena detentiva fino a 3 anni) o da persona di età superiore agli anni diciotto ma inferiore agli anni ventuno o da chi ha compiuto gli anni settanta (anche pensa detentiva fino a due anni e sei mesi);

– il reato commesso non desti un particolare allarme sociale, così essendo prevista l’esclusione del beneficio per reati gravi quali ad es. l’omicidio o la violenza sessuale aggravata;

– il reo non sia stato già condannato per un delitto e non sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza;

– che alla pena non debba essere aggiunta una misura di sicurezza, ovvero una particolare misura disposta dal giudice nei casi di pericolosità sociale del reo;

– che il beneficio stesso non sia già stato concesso, a meno che la somma della pena inflitta con la prima condanna e della seconda pena non superi i termini massimi suddetti.

La concessione del beneficio può essere inoltre subordinata all’adempimento di particolari obblighi da parte del condannato, secondo le modalità ed i termini fissati dal giudice, quali l’obbligo delle restituzioni e del risarcimento in favore del soggetto danneggiato dal reato, l’eventuale eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché l’eventuale prestazione di attività non retribuita a favore della collettività.

Ove ricorrano tutti gli elementi indicati, il giudice può ordinare che l’esecuzione della pena rimanga sospesa per cinque anni per i reati o per tre anni per le contravvenzioni.

Quella concessa al giudice è una facoltà discrezionale, che deve tener conto della personalità e della pericolosità del reo, oltre che della gravità del reato: il beneficio, pertanto, sarà concesso quando il giudice, in base a tali elementi, presume che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati.

In termini pratici, il soggetto condannato con sentenza definitiva (cioè all’esito dell’appello e dell’eventuale ricorso in Cassazione o scaduti i termini per proporli), materialmente non dovrà scontare la pena (carcere o pena pecuniaria), essendo la stessa “sospesa”. Resterà inoltre sospesa anche l’eventuale pena accessoria (ad. es. interdizione dall’esercizio di una professione).

Pur tuttavia la sospensione è condizionata al fatto che il reo, nel periodo indicato, non commetta un altro reato. In particolare, durante il termine di sospensione, il soggetto non deve commettere reati della stessa “indole”(cioè dello stesso tipo) di quello per il quale è stato condannato, né altri reati la cui pena, unita a quella precedente, superi i limiti massimi previsti dalla legge per la concessione del beneficio. Il reo, inoltre, dovrà adempiere agli obblighi imposti dal giudice con la sentenza di condanna. Se tiene tale comportamento diligente, il reato sarà estinto. In caso contrario, il beneficio verrà revocato ed il reo sconterà sia la vecchia pena sospesa sia quella inflitta per il secondo illecito.

Per quanto invece riguarda l’istituto della “non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale” anch’esso è un beneficio che il giudice può concedere al condannato, consistente nella non iscrizione della condanna sul certificato penale, e cioè su un documento che il Tribunale può rilasciare su richiesta ai privati, salvo che per motivi elettorali.

Lo scopo dell’istituto è quello di consentire il ravvedimento del reo e il suo reinserimento nella società, mediante l’eliminazione di alcune conseguenze negative della pena, che possono pregiudicare fortemente le sue possibilità di trovare una nuova occupazione e più in generale di reinserirsi nella società.

In pratica, il beneficio fa si che la condanna non sia resa nota ai privati, mentre è conoscibile dalle pubbliche autorità che dovessero richiedere la fedina penale del condannato.

Anche in tal caso – come per la sospensione condizionale – la concessione del beneficio avviene a discrezione del giudice, in base agli stessi parametri già menzionati.

La legge (Art. 175 cod.pen.) prevede, quale requisito oggettivo per la concessione del beneficio, che si tratti di prima condanna ad una pena pecuniaria non superiore a euro 516 ovvero ad una pena detentiva non superiore a 2 anni.

La Corte costituzionale (C. Cost, sent. n. 155 del 7.06.1984), tuttavia, ha ampliato la possibilità di avvalersi dello strumento, chiarendo che il giudice può concedere ulteriori non menzioni nel caso di condanne, per reati anteriormente commessi, a pene che, cumulate con quelle già irrogate, non superino i limiti di applicabilità del beneficio.

Anche in tal caso, infine, il beneficio è condizionato al ravvedimento del reo: se il condannato, infatti, commette successivamente un delitto, l’ordine di non fare menzione della condanna precedente è revocato.

CategoryDiritto Penale

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