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– Esiste la possibilità di querelare una persona per diffamazione se parla male di un altro soggetto su whatsapp? – 

La diffamazione scatta non solo nel caso in cui un soggetto, nel parlare di un altro, alla presenza fisica di più persone, lo faccia con frasi ingiuriose tali da ledere la sua reputazione; il reato, infatti, può configurarsi anche in caso di una conversazione telematica, come quelle effettuate con chat su internet (si pensi a un gruppo su Facebook o su Messenger) o con sms tramite whatsapp. Le condizioni, però, perché si possa avere la diffamazione sono:

– l’assenza del soggetto offeso (diversamente scatterebbe l’ingiuria che però, come noto, non costituisce più reato, ma un semplice illecito civile, con obbligo di risarcimento del danno e pagamento di una multa)

– la presenza di due o più persone (presenza che, come detto, non deve essere necessariamente fisica, potendo anche essere “virtuale” come nel caso di conversazioni telematiche o via whatsapp).

Sono questi i chiarimenti forniti dalla Cassazione (Cass. sent. n. 22853/14) e seguiti, ormai costantemente, da tutta la giurisprudenza.

Dunque, il messaggio inviato tramite sms, chat o whatsapp da una persona ad un’altra soltanto non configura né ingiuria (mancando la presenza del soggetto leso), né diffamazione (è lecito parlare male di una terza persona se la conversazione non avviene alla presenza di altri).

Non scatta l’ingiuria neanche se Tizio, artefice della frase diffamatoria, la comunica soltanto a Caio e poi questi la riporta, così com’è, ad altre persone, rendendola nota. In tal caso, l’unico responsabile potrebbe essere Caio e non Tizio.

Inoltre, secondo la giurisprudenza, perché si possa avere diffamazione è necessaria la consapevolezza, da parte del colpevole:

– di scrivere qualcosa che leda l’altrui reputazione

– e di comunicare la frase denigratoria a più persone.

Pertanto, a titolo di esempio, se Tizio risponde a un’email di Caio ritenendo che a leggerla sia soltanto quest’ultimo, mentre invece nella conversazione sono inseriti, in copia nascosta (il campo “ccn” dell’email) anche altri soggetti, non commette reato di diffamazione.

Invece si avrebbe diffamazione se chi scrive la frase offensiva (per es. Tizio), pur comunicandola a un’altra sola persona (per es. Caio), la fa con modalità tali da rendere certo che la notizia sarà da quest’ultima messa a conoscenza di altri soggetti, evento che Tizio, comunque, deve volere sin dall’inizio e prefigurarsi (Cass. sent. n. 36602/2010). Di tale ultima volontà bisogna dare una prova concreta, senza poterlo presumere per congetture. Se manca tale dimostrazione, l’sms denigratorio inviato a una sola persona non fa scattare il reato.

Come difendersi

In questi casi, la prova più evidente della diffamazione è proprio la stessa conversazione che può essere salvata dall’utente all’interno del proprio cellulare. È altresì opportuno valersi della prova testimoniale di uno dei componenti la conversazione che possa dichiarare di aver letto e, quindi, partecipato alla conversazione.

La querela andrà depositata presso la stazione dei Carabinieri o direttamente in tribunale presso gli uffici addetti a ricevere querele e denunce. A quel punto il PM avvierà le indagini per le quali potrebbero essere necessari sei mesi.

Fonte: La Redazione di http://www.laleggepertutti.it/

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