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– Con la fine della relazione, il partner della coppia di fatto non ha diritto al rimborso delle spese sostenute durante il rapporto di convivenza –

Il convivente di una coppia di fatto non ha diritto al rimborso delle spese da lui sostenute durante la relazione né alla restituzione dei soldi dati all’altro/a: se, infatti, non vi è stato alcun accordo tra i partner in merito alla natura di prestito di tali somme, non vi è neanche obbligo di rimborso. È quanto chiarito dal Tribunale di Milano con una recente sentenza (Trib. Milano, sent. n. 11850 del 22.10.2015).

Stessi principi del matrimonio

Proprio come avviene per le coppie sposate, anche per i conviventi gli esborsi patrimoniali fatti in favore del partner non devono essere restituiti se entrambi i soggetti hanno contribuito, in modo adeguato e proporzionato alla conduzione della famiglia, facendosi carico di spese diverse; ciò vale a maggior ragione se, durante la relazione, non sono mai state avanzate richieste di restituzione nei confronti dell’altro partner. Insomma, non ci si può “svegliare” solo quando il rapporto è finito per ottenere indietro quanto speso durante la convivenza.

È chiaro, infatti, che – salvo prova contraria – tutti i contributi devono intendersi come conseguenza ed espressione del legame affettivo fra persone unite da un rapporto intenso e duraturo e che, pertanto, escludono la restituzione.

Le spese sostenute

Il caso deciso dal Tribunale si riferisce alla richiesta di restituzione delle somme sborsate al padrone di casa per tutti i canoni di locazione relativi all’immobile ove la coppia aveva convissuto, canoni appunto di cui si era fatto carico solo uno dei due conviventi. Ma il discorso può essere esteso anche a numerose altre fattispecie. Emblematica è l’ipotesi delle spese di ristrutturazione dell’appartamento o a quelle per l’acquisto dei consueti mobili di cui si compone normalmente un immobile. Si potrebbe fare lo stesso discorso per eventuali somme mensili versate in favore della donna casalinga priva di reddito.

Insomma, il principio affermato dal tribunale milanese è molto chiaro è condivisibile: tutti i soldi spesi o dati all’altro partner durante la convivenza (o durante il matrimonio) non si presumono erogati a titolo di prestito, ma come normale contribuzione al ménage familiare e, quindi, non soggetti a restituzione. Vien fatto salvo il patto contrario, ossia l’eventuale accordo (preferibilmente scritto) con cui venga concordata la diversa natura di tali elargizioni (a titolo di prestito).

Le unioni di fatto

È costante l’interpretazione giurisprudenziale secondo la quale, in caso di unioni di fatto, le attribuzioni patrimoniali a favore del convivente “more uxorio” effettuate nel corso del rapporto … configurano l’adempimento di una obbligazione naturale (ex art. 2034 cod. civ.) a condizione che siano rispettati i principi di proporzionalità e di adeguatezza. Il giudice ha così accertato che, come affermato dagli ex conviventi, da una parte, l’uomo si era fatto carico delle spese dell’affitto e della ristrutturazione della casa e, dall’altra, la donna aveva provveduto alle spese quotidiane. Questo però non vuol dire che di tali spese debba essere effettuato un resoconto solo perché la relazione si è interrotta.

Fonte: La Redazione di http://www.laleggepertutti.it

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