– Differenza tra abbandono e maltrattamento: le accuse al padrone dell’animale di far vivere la povera bestia in uno spazio troppo angusto e con la catena –
Non c’è bisogno di compiere veri e propri maltrattamenti sugli animali per subìre una condanna penale: anche chi non provoca delle lesioni al proprio cane, ma tuttavia lo fa vivere in condizioni disagiate, in spazi stretti e in condizioni di trascuratezza risponde dell’illecito di abbandono di animali: illecito che, certo, è meno grave del precedente (il “maltrattamento” è, infatti, un delitto, mentre “l’abbandono” una contravvenzione), ma che implica, comunque, un procedimento penale a carico del padrone egoista e insensibile. A chiarirlo è il tribunale di Trento in una recente sentenza (Trib. Trento sent. n. 375/2015 del 9.05.2015).
Secondo il giudice, infatti, si configura la contravvenzione di “abbandono” – e non il delitto di “maltrattamento” di animali – nel caso in cui dalle condotte tenute dal padrone nei confronti del suo cane sia ravvisabile una colpevole trascuratezza piuttosto che una volontà di cagionare lesioni all’animale. Nel caso di specie, il cane era costretto a vivere in una superficie in cemento molto ridotta, limitata ancor di più dall’uso della catena, priva di cuccia o altre protezioni.
L’abbandono dell’animale potrebbe quindi scattare perché il cane viene lasciato spesso solo, allo sporco, a convivere con i propri escrementi e con “una ciotola del cibo sempre vuota”, (così riferito da uno dei testimoni nel caso di specie); il reato scatta anche se il veterinario affermi che il quadrupede goda di un discreto stato di salute e che non presenti patologie o segni di sofferenza.
L’abbandono di animali
Il codice penale (Art. 727 cod. pen.) prevede due tipologie di condotte incriminate:
– abbandonare gli animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività;
– detenere animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze.
Con animali domestici si intende quelli abituati a vivere con l’uomo; con animali che abbiano acquisito abitudini della cattività si intendono quelli che, pur essendo selvatici, siano stati abituati a vivere in zone protette.
La contravvenzione si consuma, per la prima ipotesi, nel momento in cui il si ha l’abbandono dell’animale, per la seconda, nel momento in cui si ha la detenzione dello stesso in condizioni contrarie alla sua natura.
Può essere indifferentemente il dolo o la colpa. Si tratta di un reato procedibile d’ufficio.
Fonte: La Redazione di http://www.laleggepertutti.it