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– Gli atti persecutori attraverso facebook e whatsapp sono oggi un fenomeno frequente: ecco come difendersi, in attesa della nuova legge sul “cyberstalking” –

É in discussione al Senato la nuova proposta di legge che prevede un inasprimento di pena per lo stalking commesso attraverso internet. Attualmente, il reato semplice è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni, mentre lo stalking commesso mediante strumenti informatici impone al giudice un semplice aumento della sanzione. Data l’enorme diffusione e l’importanza che oggi hanno assunto i social network, da più parti si avverte l’esigenza di una nuova legge che disciplini organicamente lo stalking online. Il progetto attualmente in discussione prevede, per questa specifica ipotesi, la pena da uno a sei anni di reclusione.

Lo stalking: cos’è e come è punito

Il reato di stalking, introdotto nel 2009, punisce chiunque, in modo reiterato, minacci o molesti qualcuno provocando nella vittima:

  • un continuo e grave stato diansia o di paura;
  • un fondatotimore per l’incolumità propria, di un prossimo congiunto o di una persona legata da relazione affettiva;
  • l’alterazione forzata delle proprieabitudini di vita.

Gli eventi appena elencati sono alternativi. Per il configurarsi del reato, pertanto, è sufficiente che la condotta del molestatore provochi una sola di queste conseguenze. Inoltre, non è necessario che le azioni dello stalker si concretizzino a loro volta in reati (minacce, molestie): sono sufficienti pedinamenti, appostamenti, chiamate o messaggi, purché effettuati in maniera insistente ed abituale.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa. Ciò significa che la vittima dovrà formalmente richiedere l’attivazione del procedimento penale nei confronti del colpevole. La pena prevista va da sei mesi a cinque anni di reclusione. La sanzione, però, è aumentata se il fatto è commesso:

  • dal coniuge, anche separato o divorziato;
  • da persona legata alla vittima da una relazione affettiva;
  • nei confronti una donna in stato di gravidanza o di una persona disabile;
  • con armi o con il volto coperto;
  • mediante l’uso di strumenti informatici o telematici.

Lo stalking commesso attraverso Facebook e Whatsapp

Come descritto, la legge già attualmente prevede la configurabilità dello stalking attraverso internet. In questo caso, infatti, la pena per il molestatore sarà aumentata dal giudice.

L’imporsi nella società di strumenti informatici quali Whatsapp o di social network come Facebook, ha reso la rete un ambiente ideale per effettuare ripetute condotte moleste o minacciose. Non sono rari i casi in cui la vittima subisce messaggi continui (anche vocali),chiamate assillanti, richieste di foto o video da condividere online,mail insistenti.

È evidente come tali azioni possano risultare particolarmente invasive e fastidiose, arrivando a generare nella vittima uno stato di forte ansia e paura. Nei casi più gravi, la vittima può essere costretta ad alterare le proprie abitudini, evitando ad esempio di uscire di casa o di utilizzare Facebook e Whatsapp. Lo stalker può arrivare a divulgare dati sensibili della vittima, oppure a diffondere video estorti con minaccia o violenza.

Il servizio di geolocalizzazione presente sul social network, poi, consente al molestatore di conoscere costantemente la posizione della vittima. Inoltre, risulta fin troppo facile la creazione di profili falsi, o l’invio di messaggi con un numero telefonico diverso. Tutti ciò rende potenzialmente più agevole l’attività dello stalker, che attraverso internet può interagire fin troppo facilmente con la sua vittima,maggiormente esposta all’attività molesta.

 

Come difendersi dallo stalking online

Se si è vittima di stalking attraverso internet, è bene bloccare in qualunque modo possibile l’account del molestatore. Sui propri profili Facebook o Whatsapp, è possibile impedire la ricezione dei messaggi da parte dello stalker. In questo modo, inoltre, quest’ultimo non potrà osservare il profilo della vittima. É opportuno anche disattivare il servizio di geolocalizzazione e, su Whatsapp, disattivare l’impostazione che permette ai nostri interlocutori di sapere se siamo online o meno.

Tuttavia, si tratta di rimedi che raramente risultano efficaci. É facile, ad esempio, che lo stalker utilizzi profili o numeri diversi per continuare a commettere il reato. Perciò, il rimedio più efficace (e consigliato) è sempre quello di denunciare i fatti alle forze dell’ordine e formulare una querela affinché possa iniziare il processo penale nei confronti del molestatore.

Il giudice potrà ordinare all’imputato di non avvicinarsi a luoghi abitualmente frequentati dalla vittima, dai suoi prossimi congiunti o da persone legate alla medesima, ovvero di mantenere una distanza adeguata da tali posti o dalla vittima stessa. Il giudice potrà anche vietare allo stalker di comunicare, con qualsiasi mezzo, con le persone indicate.

In alternativa alla querela, la legge predispone un rimedio più rapido, che consenta una tutela preventiva senza dover attendere i tempi del processo penale. Si tratta dell’ammonimento del questore. La vittima di stalking, denunciando i fatti presso qualsiasi stazione di polizia o comando di carabinieri, può far richiesta al questore di richiamare formalmente lo stalker. Il questore è obbligato a indagare sull’accaduto, a sentire gli interessati e convocare eventuali testimoni.

Se il molestatore, dopo l’ammonimento, persevera nella commissione del reato, il delitto diventerà automaticamente procedibile d’ufficio. Ciò significa che per iniziare il processo penale non sarà più necessaria la querela della vittima, ma basta una semplice denuncia. La pena inflitta con la condanna, inoltre, sarà aumentata.

Fonte: Emanuele Carbonara da http://www.laleggepertutti.it/

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