Gli errori diagnostici e terapeutici compiuti dai medici e dagli altri operatori sanitari possono provocare gravi lesioni al paziente e talvolta anche la morte. Sono i tristi casi di “malasanità”, dai quali sorge l’obbligo di risarcire il danno. Ma in concreto chi paga per la responsabilità medica?
Responsabilità medica: chi risarcisce i danni?
I soggetti chiamati in causa per il risarcimento dei danni derivanti da responsabilità medica sono, innanzitutto, il medico che ha sbagliato, per negligenza, imprudenza, imperizia o violazione delle linee guida previste in materia specialistica e delle buone prassi (best practices) dettate dalla scienza; ma sono ugualmente responsabili anche la struttura, pubblica o privata, in cui il medico opera, e le rispettive assicurazioni.
Infatti dal 2017 la legge “Gelli-Bianco” [1] impone l’obbligo di stipulare polizze assicurative per la responsabilità medica, proprio per tutelare meglio le vittime di malasanità, almeno dal punto di vista patrimoniale.
Responsabilità medica: a chi chiedere il risarcimento?
Tecnicamente, il medico e la struttura sanitaria in cui opera sono «co-obbligati in solido» [2], il che significa, per il paziente rimasto vittima dierrore medico che ha causato un danno – o, in caso di decesso, per i suoi familiari ed eredi – la possibilità di chiedere il risarcimento ad uno di questi soggetti o a entrambi, nonché alle loro assicurazioni.
In concreto, l’impresa assicuratrice è, per sua natura, quasi sempre solvibile, in quanto la sua attività è proprio quella di fronteggiare le richieste risarcitorie; in seconda battuta c’è la struttura sanitaria (solitamente organizzata in forma di ente pubblico, come un ospedale rientrante nell’azienda sanitaria locale, o di società, nel caso di cliniche e case di cura private), e da ultimo il medico, che dovrebbe rispondere con il suo patrimonio personale, che potrebbe non essere capiente.
Responsabilità medica: contrattuale o extracontrattuale?
La scelta del soggetto contro cui agire per ottenere il risarcimento dei danni è condizionata anche dalla tipologia dell’illecito: la responsabilità della struttura sanitaria è di tipo contrattuale, e quindi l’azione si prescrive in dieci anni, mentre quella del medico è extracontrattuale, e si prescrive in cinque anni, «salvo che il medico abbia agito nell’adempimento di un’obbligazione contrattuale assunta con il paziente», dispone la legge Gelli-Bianco [3]: è il cosiddetto contratto ospedaliero, che si presume stipulato tra il paziente e la struttura sanitaria al momento del ricovero, anche se soltanto in regime diday hospital.
Inoltre nella responsabilità contrattuale la prova che il danneggiato deve fornire è più semplice, in quanto basta dimostrare l’avvenuto inadempimento dell’obbligazione[4], e a quel punto la controparte, per liberarsi, dovrà dimostrare di aver eseguito correttamente le prestazioni dovute secondo la diligenza richiesta dal caso. In estrema sintesi, la differenza tra i due tipi di responsabilità – contrattuale ed extracontrattuale– consiste nel fatto che nella prima forma è la struttura a dover dimostrare la propria estraneità agli addebiti mossi dal danneggiato, mentre nella seconda forma è il paziente a dover dimostrare l’esistenza del fatto illecito e dei danni che ne sono derivati.
Nel processo, la struttura sanitaria citata in giudizio dal paziente potrà chiamare in giudizio l’esercente la professione sanitaria e, se sarà riconosciuta responsabile, potrà rivalersi nei suoi confronti; la stessa possibilità è riconosciuta all’assicurazione per la responsabilità civile.
Quando il medico non è dipendente della struttura sanitaria
Abbiamo visto che, ai fini del risarcimento dei danni, la responsabilità civile del medico e della struttura sanitaria in cui opera sono concorrenti, non alternative tra loro. Quindi, il paziente danneggiato potrà agire nei confronti di entrambi, se sussistono i presupposti, fermo restando che a livello penale per i reati configurabili (i più frequenti sono l’omicidio e le lesioni colpose) risponderà esclusivamente l’autore dell’illecito.
Ma l’azione penale è più difficoltosa, perché per il reato di lesioni colpose, o di omicidio colposo, occorre provare la colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio, mentre a livello civile si applica la regola del «più probabile che non», e quindi è più facile ottenere l’affermazione di responsabilità, una volta provato l’inadempimento e il danno alla salute riportato a causa e in conseguenza di esso.
Ricordiamo che se la prestazione medica errata è stata svolta all’interno di una struttura sanitaria (ospedale, casa di cura, clinica o studio medico associato), essa risponde a titolo di responsabilità contrattuale, come stabilisce la legge Gelli-Bianco [3] anche per le «condotte dolose o colpose» poste in essere dal personale che agisce, «ancorché non dipendenti della struttura stessa», in quanto si applica la regola stabilita dall’art. 1228 del Codice civile sulla «responsabilità per fatto degli ausiliari», intendendo come tali i soggetti di cui la struttura si avvale, come i liberi professionisti convenzionati per fornire determinate prestazioni.
Note:
[1] Art. 9 L. 24/2017.
[2] Artt. 1292 e 2055 Cod. civ.
[3] Art. 7 L. 24/2017.
[4] Art. 1218 Cod. civ.
Fonte: www.laleggepertutti.it