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– Sono stato contatto da una società che mi chiede di pagare una somma di denaro in quanto anni fa, senza neanche saperlo, avrei aderito a un contratto di trading mentre navigavo in internet. Secondo loro, ho sbagliato a cliccare e ho concluso un accordo che era presente in un banner. Cosa devo fare? La richiesta di pagamento è legale? –

Alla luce delle informazioni riferite, a sommesso avviso dello scrivente è probabile che si sia in presenza di un tentativo di truffa.

Secondo il Codice del Consumo (art. 51), infatti, ogni contratto stipulato a distanza non può dirsi validamente concluso se l’operatore non trasmette al cliente un documento scritto da cui emergono i termini dell’accordo, in modo tale che egli possa fornire un consenso informato.

Per la precisione, in tutti i casi di contratti conclusi a distanza, il venditore deve fornire al consumatore la conferma del contratto su un mezzo durevole (documento trasmesso per email, ad esempio), entro un termine ragionevole dopo la conclusione dello stesso e al più tardi al momento della consegna dei beni oppure prima che l’esecuzione del servizio abbia inizio.

Nel caso di specie non si ravvisa nulla di tutto ciò. Anche volendo ammettere che un solo “click” possa aver consentito di accettare un’offerta, questa non potrebbe definirsi valida secondo la legge italiana se non è seguita dalle formalità sopradette, tanto più trattandosi di un’attività di trading, per sua natura onerosa e aleatoria.

Inoltre, se nessun dato è stato fornito al momento del “click” (nome, cognome, coordinate bancarie, residenza, ecc.), risulta davvero difficile pensare che un contratto possa essere stato concluso.

Anche le modalità enunciate per estinguere il presunto debito sono a dir poco inconsuete: l’apertura di un conto corrente ad hoc, l’assistenza legale, l’impossibilità di interagire successivamente, ecc.

Perfino la spiegazione fornita telefonicamente dall’operatore (avere premuto “Accetto le condizioni” anziché “Richiedi informazioni”) sembra una scusa preconfezionata, escogitata solamente per turlupinare ignare persone.

Il consiglio è pertanto di desistere da ogni forma di pagamento. Se dovessero nuovamente telefonare, si chiedano i dati completi della società e dell’operatore con cui si sta parlando, chiedendo l’invio, tramite email, del presunto contratto a cui sarebbe stata data adesione.

È poi possibile segnalare la vicenda alla polizia postale. Tuttavia, in assenza di un reale pregiudizio economico patito (dal testo del quesito pare di evincere che non risultino ammanchi sul conto corrente) e, soprattutto, di informazioni certe (nome della società, ecc.), la denuncia potrebbe essere archiviata. Occorre quindi quantomeno fornire alle autorità il nominativo esatto del presunto trader o, in alternativa, qualche dato preciso, come ad esempio la partita iva, il numero telefonico da cui hanno chiamato, ecc.

Ad ogni modo, si ribadisce il consiglio di non pagare. Qualora davvero dovesse esserci una posizione debitoria, il cliente riceverebbe un’intimazione scritta da parte di un avvocato o di una società di recupero crediti, sicuramente non una telefonata.

A quel punto, una volta in possesso di una formale messa in mora scritta, si potrà approfondire meglio la situazione: dal documento infatti dovrebbero necessariamente evincersi i dati del contratto, la società creditrice, ecc.

Ad avviso dello scrivente, tale intimazione non giungerà mai in quanto la telefonata ricevuta è stato solo un tentativo di truffa.

Fonte: www.laleggepertutti.it

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