– Mantenimento dei genitori: guida completa sui presupposti, sui destinatari dell’obbligo e sulle modalità per richiedere il beneficio economico –
Quando si parla di mantenimento, vien da sé pensare al generale dovere che per legge sorge nei confronti del coniuge (o dell’ex) o dei figli economicamente non autosufficienti.
Accade, invece, che siano spesso proprio i familiari più anziani ad essere privati non solo del sostegno psicologico e affettivo della famiglia (fino a trovarsi in uno stato di vera e propria emarginazione), ma anche di quello più strettamente materiale e destinato ad accrescere, col passare del tempo, in proporzione alle maggiori necessità di cure e assistenza.
Ove ciò avvenga, la legge fa scaturire in capo a determinati soggetti un obbligo di provvedere al mantenimento dei cosiddetti ascendenti (genitori, nonni, bisnonni) attraverso il versamento di un assegno periodico a titolo di alimenti.
Esaminiamo quali sono le condizioni perché ciò avvenga, chi sono i soggetti tenuti a provvedere e le modalità per beneficiare dello specifico sostegno economico.
Quali sono le condizioni per poter chiedere gli alimenti?
Perché sorga l’obbligo di corrispondere gli alimenti occorre che il richiedente si trovi al contempo:
– in stato di bisogno
– nell’incapacità di provvedere, in modo anche parziale, al proprio mantenimento.
Lo stato di bisogno si realizza quando vengono a mancare le risorse economiche necessarie a soddisfare le esigenze di vita primarie ed essenziali; queste vanno valutate sulla base dello specifico contesto socio-economico del richiedente.
L’ulteriore presupposto dell’impossibilità di provvedere, in tutto o in parte, al proprio sostentamento fa riferimento alla condizione, riferibile qualsiasi soggetto che chieda gli alimenti, di trovare un lavoro rispondente alle proprie condizioni sociali e attitudini. Va quindi data prova di essere invalidi al lavoro o dell’impossibilità di trovarsi un’occupazione [2]. Tale incapacità – come più volte ribadito dalla Cassazione – con riferimento al soggetto anziano, deve ritenersi implicita e non necessita, quindi, di una specifica prova.
Chi sono i soggetti tenuti a versare gli alimenti?
Al verificarsi delle predette condizioni, la legge individua, secondo uno specifico ordine, i soggetti tenuti a provvedere alle necessità alimentari della persona in stato di bisogno, secondo un criterio non necessariamente legato alla esistenza di un grado di parentela (anche, infatti, i generi o le nuore possono essere tenuti a contribuire al mantenimento del soggetto bisognoso).
Si tratta in particolare di:
– coniuge; se manca, spetta ai
– figli (indifferentemente se nati fuori o dentro il matrimonio), anche adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi (cioè i nipoti); se mancano, spetta ai
– genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi (nonni, bisnonni):
– adottanti; se mancano, spetta ai
– generi e nuore; se mancano, spetta al
– suocero e suocera; se manca, spetta ai
– fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali.
É evidente che, ove ci si riferisca a situazioni di bisogno di soggetti più anziani, sarà assai improbabile (se pure non impossibile) che possano trovarsi a dover provvedere gli ascendenti di costoro o come pure il suocero o la suocera.
Quali sono i criteri di ripartizione dell’obbligo?
La legge stabilisce che gli alimenti vadano corrisposti in proporzione del bisogno di chi li domanda e delle condizioni economiche di chi deve somministrarli.
Come richiedere gli alimenti?
L’ascendente che necessiti di mantenimento in quanto non riceve una assistenza spontanea da parte di persone a lui vicine (ad esempio il convivente) o di familiari, dovrà formulare una richiesta scritta (anche a mezzo di un legale) nei confronti del/dei soggetto/i obbligati, chiedendo che gli venga versato un assegno periodico.
La legge prevede, tuttavia, che l’ obbligato possa adempiere con modalità alternative al corresponsione di una somma di denaro, offrendo al richiedente di ospitarlo e mantenerlo in casa.
Se, però, le parti non riescano a trovare un accordo, la decisione dovrà essere demandata al tribunale del luogo di residenza di chi richiede gli alimenti.
Da quando decorre l’obbligo?
L’obbligo degli alimenti decorre dalla data dell’inoltro di tale richiesta se il richiedente attiva il procedimento giudiziario entro i successivi sei mesi. Superato, invece, tale termine senza rivolgersi al tribunale, l’obbligo decorre dalla data della successiva proposizione della domanda giudiziaria.
Che succede fino a quando non viene emessa la sentenza?
Fino a quando il procedimento non si conclude con una sentenza che stabilisca la misura e le modalità degli alimenti, il giudice può anche ordinare di versare un assegno provvisorio, ponendolo, nel caso di concorso fra più soggetti obbligati, a carico anche di uno solo di loro (salvo poi il diritto di quest’ultimo ad richiedere agli altri – con azione di regresso – le somme anticipate).
Gli alimenti si possono compensare con altri crediti?
No. Dalla peculiare natura della prestazione alimentare, che è appunto quella di sopperire ai bisogni essenziali dell’anziano che versa in stato di bisogno, deriva un generale divieto per il soggetto obbligato a versare il mantenimento di compensare un proprio eventuale credito nei confronti del beneficiario degli alimenti. Le due obbligazioni rimangono, perciò distinte e autonome.
Che succede se muore l’obbligato?
L’obbligo di versare gli alimenti ha natura strettamente personale, come tale non può essere trasmesso agli eredi ed è destinato, perciò, a venir meno con la morte dell’ obbligato [9]. In tal caso, dovrà quindi essere proposta una nuova domanda nei confronti di un altro soggetto tra quelli indicati dalla legge.
Far mancare gli alimenti costituisce reato?
Far mancare a un ascendente o ad un familiare i mezzi di sussistenza configura una autonoma figura di reato punibile con la reclusione fino a un anno e con una multa.
Nella nozione penale di “mezzi di sussistenza” vanno ricompresi non solo i mezzi per la sopravvivenza vitale (ossia il vitto e l’alloggio), ma anche quegli gli strumenti che, in rapporto alle reali capacità economiche e al regime di vita personale del soggetto obbligato, permettono di soddisfare, sia pur in modo contenuto, altre esigenze della vita quotidiana (quali, ad es., mezzi di trasporto o di comunicazione).
L’età avanzata rappresenta un’aggravante?
Fino a pochi anni fa, la legge non prevedeva una aggravante specifica se il suddetto reato veniva commesso in danno di persone anziane, in quanto si riteneva che l’età non poteva costituire di per sé una condizione sufficiente per l’applicazione dell’aggravante della cosiddetta “minorata difesa”; veniva, perciò, richiesto che all’avanzata età si accompagnassero ulteriori condizioni personali di indebolimento delle facoltà mentali o, quantomeno, un basso livello culturale, tali da diminuire la capacità di apprezzamento critico della realtà da parte dell’anziano.
Al contrario, con l’entrata in vigore delle disposizioni in materia di sicurezza pubblica, la circostanza aggravante della minorata difesa prevede che l’imputato debba “avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa.
Pertanto, ai fini dell’applicazione della predetta aggravante, ha ora rilievo l’ età avanzata che abbia posto la vittima in una situazione di particolare vulnerabilità; sicché, quando il reato sia commesso ai danni di un anziano, il giudice dovrà verificare, se l’omesso mantenimento sia stato agevolato dalla poca lucidità o dalla incapacità della vittima di comprendere “gli eventi secondo criteri di normalità”.
Il reato scatta in automatico?
No. Si tratta di un reato perseguibile solo a seguito di querela da parte del soggetto bisognoso il quale, invece, proprio per le particolari condizioni di fragilità fisica e psicologica in cui di norma versa, difficilmente sarà in grado di farsi parte attiva nella denuncia del fatto.
Sarebbe, quindi, opportuno che, in tali casi, un conoscente o comunque una persona vicina all’anziano, supporti quest’ultimo nella decisione di procedere o meno alla denuncia o quantomeno di richiedere una consulenza legale per sapere cose è più opportuno fare. Ove poi vi sia una vera e propria infermità mentale dell’anziano, il giudice – su richiesta del pubblico ministero – potrà nominare un curatore speciale perché formuli la querela a suo nome.
Fonte: Maria Elena Casarano da www.laleggepertutti.it