– Può l’autore di una vignetta satirica rispondere del reato di diffamazione? Sì, se offende senza motivo l’onore e la reputazione della persona o della comunità oggetto del disegno.
Il tema del confine tra satira e diffamazione è tornato alla ribalta con la pubblicazione, ad opera del periodico francese Charlie Hebdo, di una vignetta sul terremoto che ha recentemente scosso il centro Italia. L’immagine rappresenta persone ricoperte di sangue e schiacciate sotto le macerie, sarcasticamente etichettate come penne al sugo, penne gratinate e lasagne.
Analizzando la questione dal punto di vista giuridico, è interessante porsi due domande. Può il diritto di satira giustificare una condotta che a primo impatto appare biasimevole? Quando si trascende il limite della satira per entrare nel campo della diffamazione?
La condotta satirica consiste in una manifestazione artistica posta in essere al fine suscitare ilarità su un personaggio pubblico o su una circostanza nota. Lo scopo è quello di sensibilizzare la coscienza comune mediante la rappresentazione beffarda di un fatto, di far riflettere la collettività con le armi dell’ironia e del sarcasmo. La satira, quale strumento di denuncia sociale, rientra pertanto in un diritto tutelato a livello costituzionale: la libertà di manifestazione del pensiero [Art. 21 Cost.]. Il parere espresso con la rappresentazione satirica risulta dunque, per forza di cose, soggettivo e discutibile.
Tuttavia, anche il diritto di satira incontra dei limiti.
Esso, per definizione, si esplica in una volontaria modificazione della realtà, rappresentata in modo paradossale e surreale. É chiaro dunque che non possono valere, per la satira, i confini esistenti per il diritto di cronaca. Scopo della satira non è quello di raccontare la verità, ma di dissacrare e ironizzare su fatti realmente accaduti. Non diritto di cronaca, dunque, ma diritto di critica.
Attenzione però, perché se tutto ciò si traduce in una immotivata e ingiuriosa aggressione all’onore e alla reputazione di qualcuno, scatta il reato di diffamazione.
Con tale delitto la legge punisce chi, comunicando con altre persone (anche a mezzo stampa, e in questo caso la pena è addirittura aumentata), reca offesa alla reputazione altrui, ossia l’immagine e la considerazione di cui un soggetto gode nella collettività [Art. 595 cod. pen.].
È inevitabile che satira vada a distorcere la realtà, irridendola con un messaggio sociale pungente e malizioso. Nel far questo, essa può anche sfociare nella volgarità, ma non può tradursi in rappresentazioni eticamente indecorose, riferimenti grossolani ed esecrabili, suscitando pubblico scherno e sprezzo dell’immagine pubblica del soggetto che ne è oggetto.
Ciò è stato più volte affermato dalla Cassazione, granitica nel ritenere che il diritto di satira ha un limite, superato il quale può configurarsi la diffamazione [Cass. sent. n. 1740/2012 del 17/01/2012 e sent. n. 5499/2014 del 10/03/2014].
Sebbene infatti debba ritenersi la satira come la più tagliente e sprezzante delle critiche, essa non deve concretizzarsi in un insulto gratuito e distruttivo dell’onore e della reputazione altrui. La satira deve esprimere un dissenso sensato dell’opinione o dell’atteggiamento preso di mira, senza sfociare in aggressioni immotivate e completamente estranee allo scopo prefissato (la denuncia sociale).
Va reputata senz’altro diffamatoria, ad esempio, una rappresentazione satirica riguardante la vita privata di un personaggio noto, in quanto materia del tutto avulsa dal contesto sociale e pubblico in cui quel soggetto opera. In tal caso, come in altri, l’ironia si presenta immotivata, finalizzata a nient’altro se non alla derisione del suo bersaglio.
Il confine tra satira e diffamazione, dunque, è molto labile ed il dibattito sul tema non è destinato a placarsi. Tuttavia, come si è potuto appurare, la giurisprudenza offre dei criteri abbastanza sicuri per superare l’impasse.
Se rispetta i canoni descritti, infatti, una vignetta satirica potrà ritenersi legittima espressione di un diritto. In caso contrario, essa andrà considerata diffamatoria. Il suo autore, pertanto, sarà penalmente perseguibile previa querela del soggetto offeso [Art. 597 cod. pen.].
Fonte: Emanuele Carbonara da http://www.laleggepertutti.it