– Non è dovuto il mantenimento alla ex moglie che inizia una convivenza stabile e duratura con un’altra persona anche se il compagno è disoccupato. La fine della convivenza non fa resuscitare il diritto all’assegno –
L’ex moglie che inizia a convivere con un altro uomo perde il diritto all’assegno di mantenimento versatole mensilmente dal precedente marito: ma ciò solo a condizione che la convivenza con il nuovo compagno sia stabile e duratura. Non rileva, inoltre, che il partner sia disoccupato e senza reddito: la costituzione di un nuovo nucleo familiare è frutto di una scelta consapevole da parte della donna e tale scelta non può ricadere sul portafogli dell’ex coniuge. Dunque, il marito non è tenuto a mantenere né l’ex moglie, né tantomeno anche l’attuale compagno. Lo ha chiarito la Cassazione con una sentenza pubblicata ieri [1].
Per comprendere la questione, immaginiamo il caso di una donna separata che riceve dall’ex marito, tutti i mesi, un assegno di mantenimento. Ad un certo punto, l’ex moglie incontra un altro uomo, se ne innamora e va a vivere con lui. La convivenza si protrae per diversi mesi, fino a diventare «stabile». Non si tratta, cioè, di una semplice condivisione del tetto o il frutto di mera ospitalità. I due formano una nuova famiglia a tutti gli effetti, comportandosi come se fossero sposati, sebbene (ancora) non lo siano. Ad esempio, lui lavora e con il proprio reddito mantiene anche lei; entrambi pagano le spese della casa o, magari, chi dei due è disoccupato si occupa del ménage familiare, ecc. Insomma, la condotta è del tutto assimilabile a quella di una comune coppia sposata.
A questo punto, vista la nuova situazione, l’ex marito interrompe il pagamento di mantenimento. Lo può fare perché la Cassazione – e la giurisprudenza unanime – sono d’accordo nel ritenere che il diritto della ex moglie a ricevere l’assegno di mantenimento (o, in caso di divorzio, l’assegno divorzile) scompare definitivamente nel caso in cui lei si rifaccia una vita, costituendo una famiglia di fatto, stabile e duratura, con un nuovo compagno.
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Tale diritto, tra l’altro, non può essere «resuscitato» nel caso in cui, dopo un consistente lasso di tempo, la convivenza della ex moglie con il nuovo compagno termini. Dunque, se la donna torna a vivere da sola, perché “rompe” con il compagno, non può più invocare il diritto a percepire di nuovo il mantenimento.
Dunque, l’inizio di una nuova «famiglia di fatto» – a prescindere dalle successive sorti della relazione – fa perdere il diritto a percepire il mantenimento e all’ex coniuge non spetta mantenere anche il nuovo nucleo familiare.
Inoltre, con la sentenza in commento, la Cassazione ha altresì precisato che la nuova convivenza, stabile e duratura, fa perdere alla moglie il diritto a ricevere il mantenimento anche se il nuovo compagno è disoccupato.
L’instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, anche se di fatto – spiega la Corte di legittimità – «rescindendo ogni connessione con il tenore e il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell’assegno divorzile a carico dell’altro coniuge, sicché il relativo diritto non entra in stato di quiescenza, ma resta definitivamente escluso».
In altri termini, la moglie che accetta di iniziare una nuova relazione stabile, basata sulla convivenza e sulla reciproca assistenza materiale e morale (proprio al pari di una coppia sposata), accetta anche il rischio che da tale rapporto non possa ricevere le sufficienti risorse economiche con cui campare: rischio questo che non può ovviamente accollarsi il precedente marito.
Al marito che voglia interrompere di pagare il mantenimento bisogna però dare un importante suggerimento: non deve, questi, interrompere volontariamente il versamento dell’assegno ma sarà più prudente, prima, ricorrere al giudice perché revochi la precedente decisione in cui aveva fissato la misura del sostegno economico alla ex moglie. Solo il tribunale, infatti, ha il potere di stabilire se l’obbligo al mantenimento è venuto meno per sopraggiunte circostanze. Il rischio è altrimenti quello di sbagliare nell’interpretare i presupposti (ad esempio, i giudici potrebbero non condividere l’idea che la convivenza sia da considerarsi «stabile e duratura») ed essere condannati non solo, in via civile, a pagare gli arretrati con gli interessi, ma anche penalmente per mancato ottemperamento degli obblighi familiari.
[1] Cass. sent. n. 25528/16 del 13.12.16.
Fonte: La Redazione di http://www.laleggepertutti.it