– Il valore delle chat WhatsApp in un processo penale come prova di un reato di diffamazione, minaccia, truffa. Lo screenshot è sufficiente per dimostrare il messaggio? La trascrizione dei messaggi vocali –
Verba volant, scripta manent dicevano i latini. Ma gli utilizzatori delle moderne tecnologie dimostrano di ignorare la saggezza degli antichi, tant’è che offese e minacce vengono serenamente digitate tramite i tasti dello smartphone e poi lasciate in chat o post, senza curarsi del fatto che queste potrebbero essere usate in un eventuale processo penale. Forse perché la gente non crede che i messaggi WhatsApp possano essere usati come prova di un reato? Per gli scettici c’è la Cassazione che già più di una volta ha affrontato la questione.
Messaggi WhatsApp: hanno valore di prova in un processo?
Di recente, la Suprema Corte [1] ha emesso una sentenza dal tenore inequivocabile: dalle chat è possibile estrarre elementi di prova documentale. Gli avvocati la chiamano «prova forense» ossia l’acquisizione di documenti in formato digitale con l’integrale copia di un dispositivo di memoria su di un altro. A quel punto, però, sarebbe necessario il sequestro dello smartphone per poter effettuare il “backup”. Ma non è l’unico modo: i messaggi WhatsApp come prova di un reato possono essere dimostrati anche con il semplice screenshot prodotto in giudizio. E se in ballo ci sono anche messaggi vocali gli stessi possono entrare nel processo tramite trascrizione da parte di un perito
Qualcuno dirà che gli screenshot possono essere modificati con un comunissimo software di fotoritocco, ma la contestazione dell’avversario deve essere “credibile” e non basata su una semplice affermazione di principio. In altri termini, per affermare che l’immagine prodotta in giudizio non è conforme all’originale non basta sollevare l’eccezione ma bisogna anche renderla credibile con elementi oggettivi o con indizi.
Insomma, la tecnologia non è uno scudo per restare impuniti in caso di commissione di reati.
E poi c’è sempre l’articolo 247 del Codice di procedura penale – ricorda la Cassazione con la sentenza in commento – a norma del quale «quando vi è fondato motivo di ritenere che dati, informazioni, programmi informatici o tracce comunque pertinenti al reato si trovino in un sistema informatico o telematico, ancorché protetto da misure di sicurezza, ne è disposta la perquisizione, adottando misure tecniche dirette ad assicurare la conservazione dei dati originali e ad impedirne l’alterazione».
Quando denunciare per messaggi WhatsApp?
Quali sono i reati più frequentemente commessi con lechat WhatsApp? C’è innanzitutto la diffamazione che si consuma quando una persona parla male di un’altra dinanzi ad almeno altre due persone (quindi in una chat di gruppo), senza che la vittima sia presente e possa quindi difendersi. E poi c’è la minaccia che ricorre quando un soggetto paventa la possibilità di realizzare un male ingiusto nei confronti di un altro (non sarebbe tale il semplice proposito di citare in tribunale il proprio avversario, costituendo ciò un diritto costituzionale). Ma potrebbe anche ricorrere la truffa: si pensi a chi prometta a una persona, conosciuta sul web, di vendergli un oggetto non appena abbia ricevuto i soldi e poi, al contrario, scompaia per sempre dimostrando di non aver mai avuto intenzione di rispettare gli impegni contrattuali.
Insomma, le chat su WhatsApp lasciano sempre qualcosa di scritto e questo “qualcosa” può essere utilizzato, nel processo, per convincere il giudice.
Come denunciare un reato con messaggi WhatsApp?
In tutte queste ipotesi, la vittima può ben presentarsi dinanzi a carabinieri e polizia per sporgere la querela. Querela che va tuttavia proposta non oltre 3 mesi da quando si è ricevuto il messaggio. Sarà bene allegare la prova già in questa prima fase, con uno screenshot della chat o con la trascrizione fatta da un tecnico. Dopodiché, bisognerà attendere l’avvio delle indagini che curerà la Procura della Repubblica nominando un pm.
Le indagini possono durare dai sei mesi a un anno. Dopodiché, andrà formulata l’accusa e ci sarà il rinvio a giudizio o l’emissione diretta di un decreto penale di condanna.
Nel primo caso, la vittima può costituirsi parte civile e chiedere, nel corso dello stesso processo penale, il risarcimento del danno. Ma a tal fine dovrà avvalersi della difesa di un avvocato.
Valore di prova della chat WhatsApp
Da quanto appena visto, è chiaro ed evidente che i messaggi WhatsApp possono aprire le porte del carcere all’indagato perché costituiscono elemento di prova documentale per il quale non si applicano peraltro le garanzie previste dalla legge per le intercettazioni effettuate invece dalla polizia giudiziaria.
Le chat si possono dunque acquisire in giudizio per immagine.
Messaggi WhatsApp come prova: i precedenti
Esistono numerosi precedenti che confermano l’orientamento ormai stabile sancito dalla Cassazione secondo cui i messaggi WhatsApp possono essere utilizzati come prova.
Note:
[1] Cass. sent. n. 22417/2022.