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– Gli utenti che pubblicano post intimidatori sui social rischiano condanne per stalking. Scopriamo i dettagli di una recente sentenza della Corte di Cassazione –

La pubblicazione di post intimidatori sui social network può portare a gravi conseguenze legali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha confermato una condanna per stalking, stabilendo un importante precedente giurisprudenziale. Scopriamo cosa si rischia e quali sono gli aspetti più rilevanti della decisione [1].

Qual è il caso di riferimento per la condanna per stalking sui social?

Poniamo il caso di una donna che pubblichi quotidianamente post intimidatori nei confronti di un’altra donna, accusandola di varie condotte. Il comportamento in questione deve ritenersi illecito e può, già di per sé, integrare gli estremi della diffamazione se mira a generare discredito sulla reputazione altrui, al di là del fatto se quanto asserito sia vero o meno. 

Se tuttavia la condotta genera nella vittima uno stato di turbamento e di ansia, o il timore di pericolo per la propria incolumità o la spinge a modificare le proprie abitudini quotidiane, il responsabile può essere condannato per stalking.

Quali sono gli elementi che hanno portato alla condanna per stalking?

La Corte territoriale ha valutato l’insieme dei comportamenti della donna, tra cui appostamenti e la pubblicazione di post dal chiaro tenore minatorio. La Corte ha sottolineato che le sole pubblicazioni di post su svariati social network erano sufficienti, da sole, a integrare il reato di atti persecutori, appunto lo stalking. Ciò è dovuto al loro contenuto non solo diffamatorio, ma anche minatorio per la loro virulenza e ossessiva ripetitività.

Qual è il ruolo della diffamazione nel caso esaminato?

La Corte di Cassazione ha esaminato anche il reato di diffamazione, rigettando le obiezioni della difesa. Secondo i giudici, l’esercizio del diritto di critica non autorizza l’offesa rivolta alla sfera privata del soggetto criticato mediante l’uso diespressioni denigratorie. Le espressioni utilizzate dalla donna sono state giudicate eccessive, oltrepassando il limite della continenza, che è un limite immanente anche all’esercizio del diritto di critica.

Quali sono le implicazioni di questa sentenza per gli utenti dei social network?

La sentenza della Corte di Cassazione stabilisce un importante precedente giurisprudenziale, mettendo in evidenza che la pubblicazione di post intimidatori sui social network può portare a gravi conseguenze legali, come la condanna per stalking e, conseguentemente, all’obbligo di risarcire i danni morali alla vittima.  

La vittima pertanto può:

  • sporgere querela presso la polizia postale, i carabinieri o direttamente presso la procura della Repubblica entro 6 mesi dall’ultimo post se si tratta di stalking o entro 3 mesi se si tratta di diffamazione;
  • rivolgersi a un avvocato affinché agisca per chiedere il risarcimento del danno al responsabile (tramite la costituzione di parte civile nel processo penale o con un’autonoma causa civile);
  • in alternativa alla querela, in caso di stalking, rivolgersi al Questoreaffinché ammonisca verbalmente il responsabile avvisandolo che, proseguendo la condotta contestata, si procederà automaticamente per le vie giudiziari.

Per sporgere la querela è sufficiente acquisire gli screenshot che dimostrano la condotta illecita e allegarli alla querela stessa. 

Fonte: www.laleggepertutti.it

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